Il Transfer Pricing è uno strumento di fiscalità internazionale molto utilizzato dalle imprese multinazionali che, modificando discrezionalmente i prezzi di trasferimento interni fra le società del gruppo, possono così trasferire utili a loro discrezione, solitamente nei paesi a più bassa fiscalità.
La normativa cerca di porre un freno a dette pratiche di trasferimenti di utili infragruppo a livello internazionale con le regole OCSE, che osteggiano anche l’elusione fiscale nei paesi non residenti attraverso il trasferimento di denaro o l’attuazione di operazioni all’interno del gruppo. Tali operazioni, infatti, possono mettere alla luce degli interessi in termini di vantaggi compensativi sulla politica economica a medio/lungo termine e degli interessi strategici nella direzione e coordinamento da parte della holding alle proprie controllate.
In Italia detta normativa è contenuta nell’art. 110 comma 7 del TUIR, secondo il quale le operazioni di interscambio con società non residenti, controllate direttamente o indirettamente, sono valutate al prezzo di mercato e non a quello concordato tra le parti.
Pertanto, la normativa è attualmente applicabile solamente ai rapporti che vedono coinvolte contemporaneamente una società italiana ed una o più società non residenti facenti parte dello stesso gruppo societario.
Parlando di composizione del gruppo societario, la norma internazionale non è coincidente con il dettato previsto dal nostro art. 2359 del Codice civile ma la disciplina del transfer pricing prevede in genere un concetto più ampio di gruppo, facendo rientrare nel concetto di controllo anche ipotesi non necessariamente riconducibili alla sola partecipazione al capitale sociale.
Nel caso di gruppi societari italiani, composti di sole società residenti (o di società non aventi relazioni dirette di partecipazione fra di esse, ma anche stessa composizione sociale e/o stesso organo direttivo) la normativa di cui al precitato art. 110 comma 7 del Tuir ad oggi non è applicabile, anche se la prassi e la giurisprudenza si stanno orientando nella medesima direzione internazionale, per evitare fenomeni di arbitraggio sui risultati economici delle diverse società.
Venendo dunque ai requisiti previsti dalla normativa, ci soffermiamo in primis sul concetto di controllo, che è il requisito principale: per poter applicare la normativa sul transfer pricing è dunque fondamentale che all’operazione partecipino due società dello stesso gruppo con alla base un rapporto di controllo, diretto o indiretto.
Il secondo concetto base dell’istituto è il prezzo di trasferimento applicato sull’operazione. Il corrispettivo da pagare per delle operazioni infragruppo potrebbe subire delle scontistiche sulle condizioni di fornitura a favore della controllata oppure condizioni più onerose in caso di finanziamento da parte della società holding. Per questi motivi, le politiche di transfer price comportano l’adozione di un prezzo che si adegui ai valori di mercato.
Per prezzo di mercato si intende il valore normale che avrebbe avuto l’operazione se fosse stata messa in essere da due soggetti indipendenti operanti in regime di libera concorrenza.
È possibile utilizzare diversi metodi per poter stabilire il valore nominale dell’operazione, fra cui i principali sono:
- Metodo del confronto dei prezzi
- Interno: verifica del listino dei beni/servizi forniti
- Esterno: confronto con beni/servizi simili ceduti in libera concorrenza
- Metodo del prezzo di rivendita
- Prezzo di rivendita al consumatore finale diminuito dal margine lordo di profitto ricavato in media dagli operatori in quel determinato settore di riferimento
- Metodo del costo maggiorato
- Il prezzo è determinato dal costo effettivo del bene/servizio maggiorato di un adeguato margine di utile, calcolato confrontando lo stesso alle operazioni simili messe in atto dal cedente
- Metodo della ripartizione dell’utile
- Si cerca di determinare il valore dell’utile che le imprese del gruppo avrebbero ottenuto se fossero state indipendenti
Nel caso di applicazione della disciplina del transfer pricing, la società deve, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento, predisporre una relazione dettagliata che dimostri che la transazione è avvenuta a prezzi di mercato, supportando il tutto con la documentazione necessaria di riscontroIl corrispettivo dell’operazione, però, non basta per essere esonerati dai controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Difatti, un ulteriore elemento fondamentale è la deducibilità dei costi e la detraibilità dell’IVA, possibile solo se l’operazione effettuata presenta requisiti di certezza (non è un’operazione inesistente) e inerenza (correlazione dei costi alla produzione di utili).
Di fondamentale importanza è il supporto documentale, indispensabile per giustificare l’effettività dei servizi infragruppo, che si può brevemente concentrare in:
- Contratto infragruppo;
- Organigramma del gruppo;
- Reportistica del gruppo e presenza di ordini di lavoro, in cui si evincano i servizi prestati;
- Struttura delle controllate, in cui si evinca che quel determinato servizio non è svolto dalla controllata;
- Certificazione da parte di un Revisore Legale, che confermi l’effettivo sostenimento dei servizi, la congruità, l’inerenza e la correttezza nella ripartizione dei costi dalla capogruppo alle controllate.
È quindi importante che anche le imprese intercompany nazionali procedano ad effettuare le verifiche idonee per poter operare all’interno del gruppo con tranquillità, senza il rischio di dover essere riprese dall’Amministrazione Finanziaria con la conseguente ripresa dei costi/ricavi in deduzione.
All’interno del gruppo, è possibile raggiungere le economie di scala accentrando su alcuni soggetti diverse attività come, ad esempio, le attività amministrative, di marketing, contabili o commerciali.
Viceversa, vi sono delle attività svolte dalla società capogruppo che non è possibile addebitare alle controllate: le spese di regia.
Si intendono quali spese di regia tutte le spese sostenute dalla capogruppo per la direzione, l’organizzazione e il coordinamento del gruppo stesso.
Il Transfer pricing si applica anche nella determinazione delle royalties per l’utilizzo dei beni immateriali infragruppo: a tal fine, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta disponendo determinate condizioni da rispettare con la circolare 32/80:
- Canoni fino al 2% del fatturato potranno essere accettati quando la transazione risulta da un contratto scritto e redatto con data antecedente il pagamento del canone e l’utilizzazione sia documentata, per valutare l’inerenza del costo;
- Canoni oscillanti tra il 2 ed il 5% possono essere ritenuti congrui qualora i dati tecnici e giuridici giustifichino il tasso e vi sia l’utilità di utilizzo da parte del licenziatario;
- Canoni superiori al 5% del fatturato saranno riconosciuti solo in casi eccezionali, giustificati dall’alto livello tecnologico del settore o altre circostanze;
- Canoni di qualunque ammontare corrisposti a società residenti in paesi a bassa fiscalità potranno essere ammessi in detrazione e riconosciuti congrui solo alle condizioni più onerose di cui al punto precedente.
All’interno dei gruppi multinazionali è spesso presente la concessione di finanziamenti soci infruttiferi di interessi, finanziamenti che non per forza vengono visti come antieconomici e quindi attuati in violazione della disciplina del transfer pricing.
La Corte di Cassazione ha infatti dichiarato che è legittima la scelta imprenditoriale dell’impresa nazionale di concedere un finanziamento infruttifero in favore della propria controllata estera.
Questo in quanto lo scopo della controllante non è quella di ottenere utili ma di rinforzare patrimonialmente la controllata, al fine di metterla in condizione di produrre un reddito maggiore in futuro.
Invitiamo pertanto i soggetti che effettuano operazioni infragruppo (inteso nel senso più ampio del termine), anche in assenza di soggetti controllati/partecipati esteri, ad applicare SEMPRE il prezzo di trasferimento nelle diverse operazioni commerciali in linea con il prezzo di mercato, onde evitare che si possa ipotizzare un arbitraggio ingiustificato sui prezzi, e far estendere le ipotesi di applicazione dell’art 110 comma 7 anche alle operazioni nazionali, preso atto che l’Amministrazione Finanziaria è sempre più impegnata a far rispettare questa disciplina anche in ambito nazionale.
Dott.ssa Francesca Bruno