Oggi si fa un gran parlare di questo argomento: tralasciamo per un momento gli aspetti politici della riforma del MES e del Recovery Fund nonchè delle modalità tecniche di messa a disposizione dei fondi da parte dell’Europa al nostro paese, e concentriamoci invece sulla possibilità di poter disporre di somme di denaro talmente rilevanti da poterle considerare come un fenomeno non ripetibile da destinare allo sviluppo ed alla crescita.
Gli importi in gioco dell’ordine di decine di miliardi di euro devono necessariamente costituire la base del rinnovamento del nostro Paese in tutti i settori:
Chi sta a Roma e decide per noi deve avere ben presente l’arretratezza del tessuto produttivo del paese rispetto ai nostri partner europei, e comprendere che la politica industriale non è seconda a nessun’altra esigenza: da qui l’esigenza che alle nostre imprese venga destinato un budget compatibile con un percorso di crescita indispensabile per mantenere il nostro posto all’interno dei paesi più industrializzati d’Europa.
L’Italia sconta decenni di ritardo nell’investimento tecnologico: ogni studio pubblicato sull’economia italiana non manca mai di segnalare quanto l’arretratezza tecnologica costi all’Italia in termini di mancata crescita misurabile annualmente in diversi punti di Pil, segnalando altresì che il mancato intervento pubblico nelle infrastrutture tecnologiche, (come del resto anche nelle reti di comunicazione e di tutto ciò che consegue all’integrazione fra le diverse piattaforme – incluse quelle pubbliche ) crea un effetto domino in negativo da cui è difficile uscire.
Attualmente abbiamo pochi strumenti di politica economica atti a supportare gli investimenti diretti nei settori produttivi.
Mi riferisco principalmente alle iniziative gestite a livello di Ministero (MISE / MEF) quali ad esempio le iniziative denominate Industria 4.0 , piuttosto che il credito d’imposta per la ricerca e sviluppo (che va ad evolvere gradatamente verso la digitalizzazione con percentuali di beneficio sempre più ridotte), o il credito di imposta per l’acquisto di beni strumentali, o ancora la Legge sabatini nelle sue recenti evoluzioni.
A fianco di questi interventi a livello centrale, si affianca una lunga serie di micro interventi (spesso scordinati fra di loro) proposti dai soggetti economici più disparati, a partire dalle Camere di Commercio per finire alle Regioni o alle Aziende che alle stesse fanno capo, in cui il più delle volte prevale la logica politica – assistenzialista: l’effetto più evidente spesso è la pubblicità – visibilità che guadagna il soggetto proponente, rispetto al reale supporto economico per l’investimento realizzato.
Non sfugge a nessuno (anche ai non addetti ai lavori) i numerosi esempi in cui le modalità tecniche di iscrizione ad un bando di un finanziamento richiedono numerosi adempimenti burocratici e anche giornate intere di lavoro, per poi vedere i risultati vanificati magari alla lotteria di un click day, dove in pochi secondi (o minuti) i fondi vengono esauriti o ancora peggio, vanno suddivisi in riparto percentuale dell’importo concesso secondo il rapporto Risorse disponibili rispetto al numero dei soggetti partecipanti, ragion per cui alla fine il beneficio si riduce in qualche centinaio di euro.
L’effetto che si ottiene è che il contributo ricevuto è talvolta inferiore ai costi sostenuti/sopportati per la partecipazione al bando stesso.
Ci auguriamo invece che il Recovery Fund sia per le PMI :
- l’occasione per un ripensamento completo della normativa, per un rifacimento completo delle opportunità e tecniche di finanziamento al settore produttivo (e perché no? anche al settore distributivo commerciale perché l’esperienza ci insegna il fenomeno economico più rilevante dell’ultimo decennio si chiama Amazon e di produttivo – inteso in senso manifatturiero – non ha nessuna caratteristica );
- elemento stesso di innovazione e di rottura col passato, con nuovi supporti normativi, espressi in modo chiaro, preciso, semplice e soprattutto efficace;
- la base della cultura digitale delle PMI concretamente realizzabile;
- una serie di step evolutivi progressivi in termini di tecnologia da agevolare, con lo scopo di allargare la base di partecipazione all’innovazione anche a livello di
Su quest’ultimo punto è opportuno precisare che se si supportasse solo lo step più elevato della tecnologia si andrebbe di fatto ad escludere automaticamente la più parte delle nostre imprese, vanificando di fatto lo sforzo in atto.
Pertanto, auspichiamo che i provvedimenti che prenderanno corpo in tema di incentivi alle imprese siano mirati a diffondere la cultura dell’innovazione digitale a partire dal livello base, e crescendo via a via sino agli interventi più sofisticati, con un diretto sostegno agli investimenti tecnologici che devono essere rapportati a tutti i settori, non necessariamente riservati al solo settore produttivo.
Non dimentichiamo infine che dalla innovazione e dalla crescita delle nostre imprese passa direttamente il nostro futuro e non per ultimo (riferendoci alla quota parte di debito insita nel Recovery Fund) anche la possibilità di rimborsare la quota di debito allo stesso interconnesso.
Fabrizio Giola